RoboCop: Rogue City – Recensione

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Quando Detroit chiama, il futuro della legge risponde. RoboCop: Rogue City è indubbiamente un sogno che si avvera per ogni fan del poliziotto cyborg, ma come la prenderanno tutti gli altri?

Sviluppatore / Publisher: Teyon / Nacon Prezzo: € 49,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 18 Disponibile su: PlayStation 5, PC (Epic e Steam), Xbox Series X/S Data d’uscita: Già disponibile

“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi” diceva Brecht, e la Detroit di RoboCop: Rogue City è disperata esattamente come la ricordiamo. Delta City è la solita utopia urbana da innalzare pagando un tributo di sangue impossibile da ignorare se strisci nello sprawl, la droga conosciuta come Nuke continua dilagare nonostante il testimonial di latta Cain sia stato rottamato e il reporter Casey Wong è ancora in televisione, con la sua acconciatura perfetta.




Peggio di così non potrebbe andare, ma fortunatamente RoboCop rimane un caposaldo, un incrollabile Ercole di titanio in una città perennemente cristallizzata in quel retrofuturismo che ci piace, con i suoi onnipresenti televisori a tubo catodico, le videocassette, gli ED-209 che funzionano un po’ quando gli pare e tanta, catartica violenza.

ROBOCOP ROGUE CITY, IL FUTURO DELLA LEGGE

Se amate il capolavoro distopico di Paul Verhoeven, RoboCop: Rogue City potrebbe essere un validissimo candidato al gioco dell’anno. Inizia con un’incursione negli studio di Mediabreak ed è subito tutto giusto: RoboCop incede con la cadenza di un fottuto carro armato bipede, fregandosene dei proiettili nemici e facendo fuoco con la sua Auto-9, una pistola semiautomatica vecchio stile che lascia nei corpi delle vittime buchi vecchio stile. Almeno quando rimane un cadavere da identificare: un colpo alla testa e il cattivo di turno esplode come un cocomero maturo, spargendo sulle pareti pezzi di cervello mentre tutto attorno il fuoco incrociato demolisce colonne, fa a pezzi ripari e i soliti, provvidenziali esplosivi fanno deflagrare ogni cosa, tra schegge di intonaco e fogli che volano da tutte le parti. RoboCop afferra i nemici tanto temerari da affrontarlo corpo a corpo e li lancia via come fuscelli, con una fisicità che fa male solo a guardarla, mentre gli sventurati perdono arti o si accasciano se centrati lì nelle parti basse, in una sinfonia di dolore e mutilazioni che ricorda i bei vecchi tempi del GHOUL Engine.

In pattuglia per le strade della vecchia Detroit.

Davvero, quand’è che abbiamo smesso di esaltarci così, con i videogiochi? E si prosegue, dall’inizio alla fine, lungo un’abbondante dozzina di ore che ti lasciano andare via sazio e soddisfatto dopo aver spento il computer grazie a continui rimandi alle prime due pellicole (la terza, come ben sappiamo, non è mai esistita), vedi la caserma della polizia ricostruita con cura certosina e quello sfasciacarrozze lì, dove purtroppo non troverete criminali pucciati nell’acido e tramutati in viscidi aborti melmosi, ma potrete centrare al rallentatore bande di motociclisti, agguantare al volo i loro cavalli d’acciaio e rispedirli all’indirizzo dei compagni . Il tutto prendendo la mira con il tasto destro del mouse, evidenziando i bersagli con il classico reticolo verde che conosciamo e amiamo, in un mare di scanline.

SPARI BENE, RAGAZZO

RoboCop: Rogue City è un gioco straripante di amore e rispetto per il materiale originale, e si qualifica senza sforzo come il miglior titolo dedicato allo sbirro meccanico dai tempi del vecchio coin-op di Data East. Offre un divertimento quasi antiquato nella sua semplicità, tuttavia genuino. Non c’è una modalità multigiocatore e RoboCop è ingessato nei movimenti com’è giusto che sia, ma francamente non importa a nessuno; non è capace di saltare né lo vedrete approcciarsi furtivo per risolvere con l’ingegno situazioni pericolose, ma premendo il grilletto ci si sente a casa, direttamente negli anni Ottanta.

Solitamente l’arma d’ordinanza di RoboCop basta e avanza, ma vuoi lasciare lì il mitico cannone Cobra?

Dipende ovviamente se questo è abbastanza per voi. Per aggiungere varietà è presente un sistema di punti esperienza da incrementare collezionando oggetti rubati, documenti contraffatti e altre centinaia di prove che costellano i livelli, con cui migliorare i parametri di RoboCop e guadagnare una manciata di abilità passive e attivabili a piacere. Anche la fida sputafuoco può esser potenziata scovando particolari PCB su cui incastrare chip evitando eventuali malus; distribuiteli abilmente e potrete bearvi con funzioni alternative, sacrificando ad esempio il fuoco continuo a favore di singoli proiettili esplosivi. Piccole aree a libera esplorazione ambientate nella vecchia Detroit permettono di condurre indagini facoltative molto semplici mentre si porta avanti la narrazione principale, cercando zone nascoste dove racimolare esperienza extra e risolvendo missioni secondarie, magari facendo la multa a qualche trasgressore che ha lasciato l’auto in sosta vietata nella parte più lercia della città!

ME LO COMPRO IO PER UN DOLLARO

Come collante ci sono alcune sottotrame che ruotano attorno a personaggi che spesso provano a scavare nella parte umana di Murphy; il gioco avverte che conquistare il loro favore modificherà l’andamento dell’avventura, ma nella maggior parte dei casi si tratta di piccole varianti che vedrete solo nella sequenza finale. Questi momenti lontani dall’azione vantano una qualità altalenante; a volte strappano un sorriso, ma nella maggior parte dei casi appaiono come pause un po’ forzate – esacerbate per giunta dal lento incedere del protagonista – che vanno archiviate prima di tornare alle ben più soddisfacenti sparatorie.

Che lusso, qui avremo addirittura il supporto di un ED-209. Cosa può andare storto?

È nella guerriglia urbana che Teyon dimostra l’esperienza accumulata nel sottovalutato Terminator: Resistance, inquadrando l’azione della pellicola originale con una regia impeccabile, sottolineata nei momenti più importanti dall’iconica colonna sonora di Basil Poledouris. La sensazione di impersonare un tostissimo cyborg è inebriante, forse anche troppo visto che, giocando al livello normale, ho assistito al game over solo verso la fine, per giunta a causa di un esplosivo da disinnescare e non certo per la bravura dei miei nemici. Questi ultimi, andando avanti, cercano per lo meno di nascondersi dietro a ripari vari vantando un’intelligenza superiore alla prole di Skynet, ma difficilmente vi metteranno in difficoltà, specie perché RoboCop può attingere a kit di riparazione dell’OCP (spiacente, niente omogeneizzati!) sparsi un po’ ovunque.

In Breve:  RoboCop: Rogue City è il miglior videogioco dedicato all’antieroe di Verhoeven, e questo da solo potrebbe bastare come raccomandazione per una fetta di vegliardi. È soddisfacente e brutale, un videogioco sanguigno e semplice come quelli di una volta, e questo è il suo asso nella manica. Quello che ruota attorno alle sparatorie non è purtroppo altrettanto esaltante, ma nel complesso resta un gioco raccomandatissimo per i fan del personaggio.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Ryzen 7 5800X, RTX 4070 12Gb, RAM 32Gb 3600Mhz, SSD
Com’è, Come Gira: Sulla configurazione di prova il framerate ha viaggiato sempre sopra i 90fps, elargendo un’onnipotente sensazione di appagamento mentre le mappe andavano in mille pezzi sotto un diluvio di proiettili. Qualche calo in una delle scene finali, quando Teyon si è fatto palesemente prendere la mano; sono curioso di sapere come il gioco se la cava su console, a questo punto.

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Pro

  • Scontri a fuoco sublimi e brutali come non mai / Grandissima aderenza al materiale originale / Carisma da vendere.

Contro

  • Troppo facile al livello normale, partite subito dai più impegnativi / Qualche bug della prima ora / Quello che ruota attorno all'azione non è esattamente esaltante.
8.4

Più che buono

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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