Chants of Sennaar – Recensione

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«Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole, in Chants of Sennaar. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: “Venite, facciamoci mattoni e cociamoli al fuoco”.

Sviluppatore / Publisher: Rundisc / Focus Entertainment Prezzo: 19.99€ Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 7 Disponibile su: PC (Steam, GoG, Epic Store), Xbox One, Xbox Series X|S, PlayStation 4, PlayStation 5, Switch Data di lancio: Già disponibile

Nei suoi primissimi minuti, Chants of Sennaar riesce a fare una di quelle cose che riescono a pochissimi altri prodotti di intrattenimento, ovvero rievocare una delle rare sensazioni che si possono provare solo una manciata di volte nella vita.




Nello specifico, mi riferisco a quello spaesamento incantato che si vive quando si mette piede in un paese estero da bambini e non si è in grado di decodificare nessun’altra lingua oltre la propria. Di colpo, insieme alle parole incomprensibili, tutto diventa alieno, i discorsi e le insegne, ma anche i gesti e tutto il resto a cui eravamo ben abituati appare diverso, fosse anche solo per un dettaglio o un colore.

AI DONT SPIK… EH?!

Il primo incontro con uno degli NPC di Chants of Sennaar è esattamente quello: un meravigliato spaesamento. Indossa una lunga veste, il colore dei suoi vestiti e di tutto ciò che ci circonda è colato da una palette estranea alla realtà che vivo quotidianamente, le sue parole hanno un suono esotico e un senso che non riesco ad afferrare. Ancora più strano, ma forse sarebbe meglio dire astratto, è il simbolo che appare nel fumetto apertosi sopra la sua testa. Per quanto sia evidente che non abbia mai visto prima un segno grafico simile o anche solo vagamente avvicinabile, intuisco da come si sta ponendo che l’uomo che sia una forma di saluto.

DI COLPO, INSIEME ALLE PAROLE INCOMPRENSIBILI, TUTTO DIVENTA ALIENO, I DISCORSI E LE INSEGNE

Ne prendo nota: nel mio taccuino quel segno di è aggiunto da solo in una pagina elenco e cliccandoci sopra posso inserire per ciascuno fonema non ancora decodificato la mia supposizione. Farlo mi tornerà utile: a breve, il gioco mi chiederà di completare una pagina del mio diario assegnando un simbolo a ciascuna azione disegnata. Questo passaggio mi consente di verificare le mie ipotesi, ma anche di avere una traduzione immediata a schermo di ciò che le figure intorno a me mi stanno dicendo.

Noio… volevuam… savuar…”

Queste eteree figure infatti si muovono quasi fluttuando all’interno città suggestive, labirintiche e silenti, dove ogni angolo è ammantato dal fascino dell’ignoto. Architetture orientaleggianti si incastrano in un sovrapporsi di scale e livelli che sembrano partoriti dalla mente di un Escher rassegnato alle possibilità fisiche di questo piano dell’esistenza. Pur senza scale che salgano scendendo, tuttavia, ritrovare il bandolo della matassa è affare complesso. Spesso le direzioni possibili sono numerose, ma senza un vocabolario ben nutrito di vocaboli capire cosa fare è impresa improba: meglio fare con calma e non trascurare gli appunti sul diario.

CHANTS OF SENNAAR: TRA PUZZLE E AVVENTURA (GRAFICA)

Muovendosi in quella sottile intersezione che separa i puzzle game dalle avventure grafiche, Chants of Sennaar riesce a scansare con inusitata eleganza almeno uno dei limiti che affligge i due generi, ovvero l’arbitrarietà degli enigmi. Ponendo al centro il linguaggio, le richieste appaiono sempre lineari: qualcuno dice qualcosa, in un contesto particolare o compiendo un gesto specifico, ma il giocatore non sa interpretare quel “qualcosa”. Si attiva dunque naturalmente un’attività deduttiva che porta chi gioca ad azzardare ipotesi e metterle alla prova nelle sezioni successive, fino al momento della verifica tramite il diario.

I CITTADINI CHE ABITANO LE CITTÀ DI CHANTS OF SENNAAR SI COMPORTANO QUASI SEMPRE CON LEGGEREZZA E UN’INDIFFERENTE NATURALEZZA

Questo approccio, tuttavia, non prevede particolari deroghe: preso dalla brama di conoscenza in una delle prime sezioni mi sono dedicato all’esplorazione libera, ritrovandomi con un diario invaso da un’enorme quantità di simboli scarsamente distinguibili e decine di dialoghi di cui riuscivo a interpretare a mala pena un pronome. Rassegnato sono dunque tornato sui miei passi, ho prestato maggiore attenzione ai dialoghi, prendendo appunti contestualmente, e ho rivisitato le azioni degli NPC attraverso le comode icone che restano a fluttuare nei luoghi in cui sono state compiute. Detto in altri termini, il gioco dimostra una certa rigidità: si può provare ad aggirarla, ma sappiate che il rischio di rimanere bloccati in questi casi aumenta sensibilmente.

Pensavo fosse il palazzo dell’EUR, e invece…

 A onor del vero, tuttavia, perdersi nella torre di Sennaar non è poi così male. Le cinque città che compongo la torre sfoggiano tutte uno stile architettonico peculiare e differente, seppure evidenti punti di collegamento consentano di tracciare una sorta di traiettoria comune tra le civiltà. E per quanto in fondo buona parte di loro esistano per essere meccanismi o parti di un puzzle, i cittadini che abitano le città di Chants of Sennaar si comportano quasi sempre con una leggerezza e un’indifferente naturalezza da far dimenticare quanto detto poco fa.

Meno piacevoli sono invece le fasi stealth, che a questo punto inizio a sospettare procurino allettanti sgravi fiscali agli sviluppatori che le inseriscono nei loro giochi

Meno piacevoli sono invece le fasi stealth, che a questo punto inizio a sospettare procurino allettanti sgravi fiscali agli sviluppatori che le inseriscono nei loro giochi: come se decifrare un linguaggio completamente ignoto in bella vista fosse facile senza nemici che cercano di farci la pelle. Ma Chants of Sennaar sa farsi perdonare: con un sistema di salvataggi immediato, ma più in generale con i suoi scenari incantati, debitori nei confronti delle opere di Moebius, ma che mi hanno ricordato anche i lavori dell’italiano Gabriele Brombin. Persi in una cattedrale nel deserto, estraniati da una lingua ignota che è ovunque intorno a noi, ci si ritrova vittima di un delizioso straniamento e percossi dal brivido della conoscenza.

In Breve: Chants of Sennaar è un gioco che utilizza il linguaggio in una maniera unica, mettendolo al centro dei suoi bizzarri enigmi. A metà tra avventura grafica e puzzle game, sfoggia ambientazioni rarefatte e suggestive, popolate da misteriose figure che parlano lingue ignot. Oltre a ciò, però, fa qualcosa che pochissimi altri giochi fanno: spiazza il giocatore, lo disorienta e lo spinge a inseguire la scoperta della conoscenza, invece di replicare meccaniche già viste. Per questo gli si perdonano persino le fasi stealth.

Piattaforma di Prova: Xbox Series X
Com’è, Come Gira: Su Xbox Series X, Chants of Sennaar gira fluido e rapidissimo nei caricamenti. In più, è una gioia per gli occhi, il che non guasta.

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Pro

  • Scenari meravigliosi / Puzzle linguistici / Disorientante

Contro

  • Fasi stealth / Inevitabile bloccarsi
8.4

Più che buono

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