Wildfrost – Recensione

PC Switch

L’inverno è una bella stagione per chi odia il caldo e al sudore preferisce gelo, divano, coperta e TV. Se però freddo, neve e ghiaccio diventano perenni allora è gran un problema, come ci ricorda Wildfrost.

Sviluppatore / Publisher: Deadpan Games, Gaziter / Chucklefish Prezzo: € 19,49 Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: 12 Disponibile su: PC (Steam), Switch Data di uscita: Già disponibile

Card game dal gameplay peculiare in virtù di alcune scelte di design interessanti, Wildfrost prima ti inganna col suo stile artistico cartoon e poi ti gonfia di botte finché non capisci l’antifona: la vita nella tundra gelata è terribilmente dura, solo i più abili possono farcela.




Facciamo un passo indietro. Un inverno d’innaturale provenienza ha congelato ogni cosa, sicché torme di avventurieri decidono di partire dal villaggio Snowdell, farsi largo fra le avversità e raggiungere il Sun Temple per risolvere il problema alla radice.

L’AMBIGUITÀ DI WILDFROST

Lungo il tortuoso tragitto a tappe si devono affrontare una sfilza di combattimenti viepiù impegnativi in un’escalation di difficoltà e imprecazioni che, in talune circostanze, può mettere a dura prova le capacità e la pazienza dei più abituati alle sadiche frustate dei roguelike. A volte ciò porta a porsi qualche domanda maliziosa, il dubbio che l’esperienza non sia bilanciata alla perfezione si insinua in chi gioca. Dopo aver sbattuto ripetutamente la testa contro il permafrost credo che, specie in determinate situazioni, ciò non sia del tutto errato, ma l’impressione preminente è che questo sia un card game in cui il gameplay puntuale nel punire ogni minimo errore si piazzi – volutamente? Può darsi – in netta contrapposizione con l’art style carino e coccoloso che caratterizza personaggi, scenari e carte. Ergo, guai a prendere sottogamba Wildfrost a causa del suo aspetto fanciullesco: avventuriero avvisato, mezzo salvato.

il gameplay puntuale nel punire ogni minimo errore di Wildfrost si piazza in netta contrapposizione con l’art style carino e coccoloso che caratterizza personaggi, scenari e carte

Anche perché il bello del gioco è proprio il suo gameplay, l’estetica – simpatica, colorata, ottima per ammorbidirci quando dice male – va bene ma conta fino a un certo punto soprattutto in un card game. Gli appassionati del genere si troveranno a loro agio (niente traduzione, ma non è un inglese complicato) prima rispetto ai casual, ma ci vuole comunque un po’ prima di assimilare le regole del gioco e metterle in pratica nel migliore dei modi.

Wildfrost

Vedete quel numero nella parte inferiore di ogni carta? Ecco, indica quanti turni mancano all’azione di ogni pedina: Frostinger e Petk sono pronti ad attaccare.

Innanzitutto la gestione dei turni, una legge universale che obbliga ogni carta (alleata o nemica) ad attaccare e compiere la propria azione specifica automaticamente soltanto quando il suo contatore dei turni raggiunge lo zero. Ciò significa che, durante i vari combattimenti a ondate, pianificare ogni singola giocata con largo anticipo è assolutamente imperativo se si vuole sperare di arrivare allo scontro con il boss finale. A complicare ulteriormente le cose ci si mettono naturalmente le numerose abilità disponibili, le carte nella nostra mano (se ne può usare una per turno), l’imprevedibile casualità di alcune di esse (sì, il fattore RNG scorre potente in Wildfrost), il fondamentale posizionamento dei vari personaggi sul campo di battaglia (ci sono 6 slot, 3 nella fila sotto e 3 nella fila sopra, chi attacca prende di mira chi gli sta di fronte salvo tratti che influenzano la mira), le sinergie esistenti tra le diverse tipologie di carte/effetti e, infine, le screziature strategiche legate al proprio mazzo.

FA FREDDO, CI VUOLE TEMPO PER CARBURARE

La componente deckbuilding merita un cenno a parte. Wildfrost non svela subito i suoi assi nella manica, ci mette anzi un po’ a ingranare sotto questo punto di vista. Per sbloccare le tre tribù e le relative carte è necessario completare degli obiettivi, ad esempio infliggere X danni ai nemici o indossare X item. Ci si deve armare di pazienza per permettere all’idea di Deadpan Games e Gaziter di mostrare la sua mercanzia migliore, non sono sufficienti un paio di run per accedere all’intera offerta contenutistica.

Wildfrost

Per sbloccare quell’edificio e sfruttare i suoi servizi devo completare l’obiettivo “Spendi 500 Blings”.

C’è un villaggio da costruire a suon di achievement, le cui strutture aumentano, tra le altre cose, l’ampiezza del pool dei Companion, dei Pet oppure dei Capi Tribù tra cui scegliere il Leader destinato a guidare la nostra prossima spedizione. Questi ultimi vengono generati casualmente all’inizio di ogni run, hanno statistiche/abilità casuali e sono particolarmente preziosi perché se il Leader muore è game over.

Ci si deve armare di pazienza per permettere all’idea di Deadpan Games e Gaziter di mostrare la sua mercanzia migliore

Anche il Pet va selezionato all’inizio, ma se muore non è la fine del mondo. I Companion invece si uniscono a noi nel corso di una partita, ma dipende dal percorso che decideremo di seguire nella mappa a tappe – simile quella di Slay the Spire – dove, tra uno scontro e l’altro, alcuni luoghi specifici ci forniscono la possibilità di modificare il nostro mazzo in diversi modi, ottenere più Blings (la valuta con cui comprare item o carte extra dal Mercante) oppure eliminare una carta per fare posto a un’altra (ad esempio c’è un limite ai Companion utilizzabili, ma si può aumentare).

LA FRETTA È CATTIVA CONSIGLIERA

Il sistema di progressione spiega perché giudicare Wildfrost dopo un paio di partite è sbagliato. Bisogna giocare e perdere per sbloccare nuove carte, un processo imprescindibile se si vogliono aumentare gli strumenti da sfruttare per costruirsi, strada facendo, un mazzo adatto a trarre vantaggio dalle numerose sinergie presenti. Ecco allora che, col senno del poi, le prime ardue partite si rivelano preziose per insegnarci i punti di forza e le debolezze dei diversi effetti, ma anche per abituarci alla regola dei turni che passano quando giochiamo una carta e a tenere monitorato il loro scorrere affinché niente o quasi ci colga impreparati, oppure ancora per stimolarci a capire quando è il caso di suonare la campana per scartare la mano e pescare altre 6 carte anziché azzardare la giocata.

Wildfrost

All’inizio è assai dura, ma a forza di sconfitte e tentativi si finisce per restituire i lividi ai nemici, ai mini boss e ai boss.

Ogni lezione Wildfrost la propina a suon di ceffoni, non mi stupirei affatto se qualcuno trovasse questo sistema didattico talmente frustrante da sfociare nell’irritante. In fondo certe volte lo è, non lo si può negare, ragion per cui non lo consiglierei a chi è alle prime armi con questo genere di giochi o a chi vive male la sconfitta.

Giocare e perdere è un processo imprescindibile se si vogliono aumentare gli strumenti da sfruttare per costruirsi, strada facendo, un mazzo adatto a trarre vantaggio dalle numerose sinergie presenti

Va anche detto però che la cura dei dettagli, la ricercatezza del gameplay e l’amore per i card game in generale sono evidenti, tre indizi inequivocabili che fanno una prova inconfutabile: sotto l’iniziale strato di ghiaccio e neve tanto spesso quanto difficile da scalfire di Wildfrost, indubbiamente batte un cuore ardente di passione.

In Breve: Gran bel card game roguelike, questo Wildfrost. Certo non è carino e coccoloso come può sembrare a prima vista, l’art style inganna mentre il gameplay, con quel suo conto alla rovescia inesorabile e un equilibrio perfettibile, non perdona il benché minimo errore, fosse anche una singola carta giocata distrattamente. Resistere, perseverare e imparare dai propri errori mentre si sbloccano nuove carte è la via. Sì, ci vuole pazienza e un po’ di testardaggine mandaloriana per tirarne fuori il meglio, ma ne vale la pena: quando si riesce a creare un deck che funziona come un orologio svizzero, sono soddisfazioni.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: i7 11370H (3.30GHz), Nvidia 3070 Laptop 8 GB, 16 GB di RAM, SSD.
Com’è, Come Gira: Agile e snello in full screen su un monitor 4K, mai un tentennamento. Tecnicamente il gioco è leggero, lo stile artistico cartoon indovinato e le illustrazioni deliziose. Bene anche il comparto sonoro adeguato al contesto e al ritmo.

 

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Pro

  • Gameplay stimolante e soddisfacente / Esteticamente adorabile / Una ventata d’aria fresca nel panorama dei card game digitali

Contro

  • Il bilanciamento è migliorabile / Impiega un po’ a carburare / Può risultare frustrante
8

Più che buono

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