A Space for the Unbound – Recensione

PC PS4 PS5 Switch Xbox One Xbox Series X

Al giorno d’oggi sempre più videogiochi provano a raccontare una storia matura, segno del fatto che il medium sta crescendo molto velocemente. A Space for the Unbound è uno di questi titoli: una gemma rara che riesce a toccare le corde più profonde dell’anima.

Sviluppatore / Publisher: Mojiken / Toge Productions Prezzo: € 19,50 Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: N.D. Disponibile Su: PC (Steam, Epic Games Store, GOG), PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X|S, Nintendo Switch Data di Lancio: Già disponibile

Ambientato negli anni Novanta, in una piccola cittadina indonesiana, il videogioco di Mojiken offre uno spaccato su una cultura molto diversa dalla nostra, mentre racconta la storia di una coppia di ragazzi all’ultimo anno delle scuole superiori. Atma e Raya sono due fidanzatini che si trovano faccia a faccia con i classici problemi degli adolescenti, eppure sono entrambe persone fuori dalla norma.




Atma, un giovane sicuro di sé, affabile e sempre pronto ad aiutare gli altri, ha con sé un quaderno magico che gli permette di entrare nella mente delle persone per svelarne le passioni e i segreti più nascosti. Raya, di contro, è una ragazzina molto riservata, una studentessa modello che può modificare la realtà con la sola forza del pensiero. Questo potere non è però senza limiti, dal momento che usarlo troppo spesso può avere effetti deleteri sulla sua salute.

LE “SCELTE” DIFFICILI DI A SPACE FOR THE UNBOUND

Mettendoci nei panni di Atma, A Space for the Unbound sembra portare avanti una storia di formazione piuttosto semplice, perlomeno all’inizio. Man mano che si susseguono i capitoli dell’avventura sviluppata da Mojiken, però, inizia a diventare più chiaro un sottotesto narrativo che pone sempre più in risalto le tematiche centrali del videogioco.

Cosa c’è di più classico di un appuntamento al cinema?

Tematiche che, come peraltro precisato dal disclaimer che appare all’avvio dell’opera, toccano argomenti decisamente complessi come la paura del futuro, il bullismo e la depressione, in alcuni casi in maniera piuttosto cruda.

A Space for the Unbound è un’opera molto più complessa e sfaccettata di quanto si possa inizialmente immaginare

A Space for the Unbound è dunque un’opera molto più complessa e sfaccettata di quanto si possa inizialmente immaginare, soprattutto perché in alcuni frangenti richiede al giocatore di assistere – o a volte di partecipare direttamente – a delle sequenze molto pesanti sul versante emotivo. Questo perché l’intero gameplay si basa sul soddisfare le richieste dei personaggi che si incontrano durante l’avventura. Si parte con delle semplici fetch quest, per esempio ottenere degli oggetti per costruire un riparo per un gatto randagio così da far felice Raya; ma si arriva addirittura a riprogrammare le emozioni delle persone entrando nella loro testa, magari per fargli superare un trauma. Tant’è che lo stesso Atma durante l’avventura si chiede spesso se sia giusto utilizzare il potere del suo quaderno per cambiare le persone, in alcuni casi anche in maniera radicale.

A Space for the Unbound recensione 05

Entrando nella mente delle persone veniamo accolti dai loro sogni, ma anche dalle loro paure più recondite.

Il videogioco di Mojiken mette l’utente di fronte a dei dilemmi etici per nulla scontati, facendo leva in alcuni casi sull’allegoria. Lo fa per veicolare un messaggio che parla di consapevolezza dei propri limiti, di imparare ad accettare sé stessi, ma anche di non trattare con troppa violenza – non solo fisica – gli altri perché molto spesso le parole e certi atteggiamenti possono causare ferite che difficilmente si rimarginano.

LA RAGAZZA SUL PONTE

Nel raccontare questa storia, A Space for the Unbound sfrutta le sue meccaniche di gameplay in maniera molto intelligente, anche se in certi frangenti – soprattutto nelle battute finali – sembra che determinate sequenze si trascinino un po’ per le lunghe. Sempre più spesso diventa necessario ottenere oggetti da vari personaggi non giocanti, i quali a loro volta fanno delle richieste che costringono Atma a raggiungere un altro punto della cittadina per raccogliere un altro oggetto o risolvere un semplice puzzle.

La molteplicità di situazioni non è ben dosata

Questa prolissità delle operazioni inizia ad assumere sempre più senso all’interno dell’intreccio narrativo man mano che si va avanti nell’avventura, tuttavia è davvero difficile non considerarla un difetto – forse l’unico – del videogioco sviluppato da Mojiken; anche perché in alcuni casi il gioco prova ad aggiungere un minimo di varietà, per esempio attraverso dei combattimenti che si risolvono con dei quick time event, con delle brevi sequenze stealth, oppure con un’intera sezione che scimmiotta i processi della serie Ace Attorney. Il risultato non è tuttavia ottimale, tant’è che la molteplicità di situazioni non è però ben dosata durante le circa dieci ore richieste per arrivare ai titoli di coda, tanto da rischiare di scoraggiare le persone meno pazienti, che purtroppo potrebbero decidere di abbandonare il gioco a causa della ripetitività di certe meccaniche di gameplay.

Atma è un ragazzo che non si perde mai d’animo, nemmeno nelle situazioni più difficili.

Sarebbe un vero peccato dal momento che nonostante quest’unica sbavatura, seppur importante, A Space for the Unbound centra l’obiettivo di raccontare una storia emozionante. Lo fa anche grazie a uno stile grafico particolare molto lontano da quello impiegato da altri titoli che sfruttano la pixel art, anche perché il team di Mojiken ha puntato su una regia che nei momenti salienti sposta l’inquadratura dalla classica visuale a scorrimento dei giochi in 2D ai volti dei personaggi, così da porre l’accento sulla loro mimica facciale e tentare di provocare una reazione emotiva nell’utente. Chiude il cerchio la splendida colonna sonora di Masdito Bachtiar, che accompagna il giocatore durante tutta l’avventura e riesce a evidenziare ogni singola parte di una storia che sono certo ricorderete per molto, molto tempo.

In Breve: A Space for the Unbound è un’avventura narrativa che parla di tematiche tanto importanti quanto difficili da trattare, ma lo fa con estremo tatto ed eleganza tramite un’allegoria particolarmente azzeccata. Nonostante qualche sbavatura nelle meccaniche di gameplay, piuttosto ripetitive verso la fine del gioco, la storia di Atma e Raya è riuscita a catturarmi e a insinuarsi negli anfratti più profondi dell’anima.

Piattaforma di Prova: Ryzen 5 3600X, 16 GB RAM, GeForce RTX 2070 Super, SSD / Steam Deck
Com’è, Come Gira: Giocato a 2560×1440. Sul PC utilizzato non si segnalano problemi di sorta. Seppure al momento della scrittura di questa recensione non sia ancora segnalato sulla pagina di Steam, il gioco gira perfettamente anche su Deck.

Condividi con gli amici










Inviare

Pro

  • Una storia appassionante ed emozionante. / Regia e stile grafico azzeccatissimi. / Colonna sonora eccellente.

Contro

  • Il gameplay diventa ripetitivo nelle battute finali.
9

Ottimo

Le leggende narrano che a Potenza ci sia un antro dentro al quale vive una misteriosa creatura chiamata Alteridan. In realtà è solo il nostro Daniele, che alterna stati diurni di brillantezza ad altri notturni dove i suoi amici non hanno ancora capito che non conviene fargli assumere troppo alcol.

Password dimenticata