Evil West – Recensione

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Revolver, cappelli a tesa larga, vampiri, e congegni alimentati dalla potenza di svariati gigowatt: Evil West non pecca certo di carisma, ma il gioco in sé invece mostra qualche segno di debolezza…

Sviluppatore / Publisher: Flying Wild Hog / Focus Entertainment Prezzo: 49,99€ Localizzazione: Testi Multiplayer: Coop online PEGI: 18 Disponibile Su: PC (Steam), PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X|S Data di Lancio: 22 novembre

A Flying Wild Hog, evidentemente, i protagonisti cafonissimi piacciono un sacco. Questo non è un difetto, beninteso: oltre a eroi perfettini tutti in tiro e a sofferenti protagonisti in scala di grigi, è tanto legittimo quanto un piacere trovarsi talvolta di fronte a un campione dell’umanità che decida che il modo migliore di affrontare i pericoli della vita sia un bel pugno in faccia alle forze del male, accompagnato da qualche one-liner grezzissima e da un cipiglio duro.




È il caso, naturalmente, del Lo Wang dei tre Shadow Warrior firmati dallo studio polacco, ma è più che evidente che Jesse Rentier e il cast che lo accompagna seguano nella stessa, sfacciata linea. Bene così, perché per affrontare i vampiri di Evil West e i loro truculenti servitori quello che serve è un piglio deciso e le armi pronte.

MI CHIAMO JESSE RENTIER, SPACCO COSE

Ma entriamo nei dettagli dell’ambientazione: Jesse Rentier è uno degli agenti di punta dell’Istituto Rentier, fondato dal padre William e che, negli anni conclusivi del diciannovesimo secolo, è lo scudo che si frappone fra i vampiri e i loro seguaci assetati di sangue, e la popolazione civile degli Stati Uniti. Per poter combattere ad armi pari con questi esseri sovrannaturali l’Istituto ha sviluppato varie armi tecnologicamente avanzate, fra cui un enorme guanto metallico caricato d’elettricità che rappresenta l’arma distintiva di Jesse. Non l’unica, ovviamente: progredendo con il gioco l’esperto agente inizierà a portarsi dietro un vero e proprio arsenale, fra revolver, fucile, doppietta, balestra, lanciafiamme, esplosivi d’ordinanza e perfino un mitragliatore gatling. Con il guanto, poi, non ci si limita a sferrare semplici – ma sempre efficaci – pugni: la sua carica elettrica può infatti essere utilizzata per parare alcuni attacchi (non tutti, quindi occhio!), per teletrasportarsi addosso ai nemici o al contrario per trascinarli vicino a noi, pronti per essere magari lanciati in aria e poi catapultati con un pugno volante addosso al brutto ceffo più vicino.

Evil West Recensione

Oh ma che bel party di benvenuto.

JESSE SE LA CAVA DECISAMENTE BENE QUANDO SI TRATTA DI MENARE LE MANI

Quando funziona, il combattimento di Evil West riesce ad essere decisamente divertente. Non fatevi ingannare dalla tracotanza di Jesse Rentier: i vampiri sono avversari temibili e riuscire a prevalere contro i loro piani di conquista richiederà anche un certo acume tattico sul campo di battaglia. Dare priorità ai bersagli, usare ogni strumento a nostra disposizione (e sono davvero parecchi), imparare a osservare i movimenti nemici e i loro pattern d’attacco: tutti accorgimenti che sarà bene iniziare a prendere, anche nel caso in cui decidessimo di giocare alla difficoltà Normale. Già a questo livello, infatti, la sfida offerta non è certo da sottovalutare e l’alta letalità dei nemici porterà facilmente il cacciatore disattento a una schermata di Game Over.

EVIL WEST, MA PURE IO SONO PRESO MALE

Il vero problema, però, è che il combattimento non sempre funziona bene. Non per Jesse in sé: lui se la cava sempre bene o male alla grande. Il problema è però l’encounter design, che sopratutto nelle fasi finali tende a privilegiare l’approccio “vediamo quanti nemici alti quattro metri e larghi due riesco a infilare in uno spazio grande quanto la piazza di un paese di montagna di duecento abitanti”, rendendo difficile e rischioso l’approccio corpo a corpo: ci vuole un attimo per perdere di vista qualche nemico, beccandosi così una bella scoppola sulla schiena; tenete poi presente che non ci sono frame di invulnerabilità una volta subito un attacco, e quindi il potenziale “effetto pingpong” è dietro l’angolo. Questo privilegia dunque (non sempre, attenzione, ma abbastanza di frequente) un atteggiamento molto più cauto, che si basa sul tenersi a distanza, rotolare spesso, sparare tanto con fucile e revolver, e attendere che siano cariche le armi più potenti a nostra disposizione. Efficace, indubbiamente, ma allo stesso tempo forse non esattamente quello che ci si aspetterebbe da un gioco che si presenta in questo modo.

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Un volto che solo una madre potrebbe amare. Forse neanche lei.

Le cose, poi, diventano addirittura drammatiche quando ci troviamo ad affrontare i nemici più forti che le schiere vampiriche hanno da offrire, i famigerati boss con la barra della vita in fon… pardon, in cima allo schermo. Non ho francamente trovato nessuno di questi scontri passabile, fra pattern di attacco a dir poco caotici e resistenza ai nostri colpi decisamente esagerata (tant’è che alcuni boss hanno anche i checkpoint, e vi serviranno).

I BOSS SONO IL PUNTO PIÙ BASSO DEL GIOCO

Ed è un peccato perché alcuni di questi dovrebbero rappresentare momenti particolarmente significativi della trama, essere un vero climax di quanto abbiamo affrontato finora, e invece si trovano ad essere incontri nettamente inferiori in termini di divertimento rispetto a quanto offerto dal resto del gioco, che per prendere in prestito un’espressione inglese restano ben oltre il benvenuto, e nei quali anzi i problemi a cui ho accennato più sopra vengono resi ancora più significativi. Un peccato, perché il potenziale per fare invece un bel lavoro c’era tutto.

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L’approccio di Jesse ai forzieri non può che ricordare quello di un certo dio spartano.

Poco degno di nota anche quanto avviene al di fuori del combattimento: fra uno scontro e l’altro Jesse si ritroverà a saltare di qua e di là e a risolvere semplici enigmi ambientali, che se da un lato hanno principalmente lo scopo di spezzare il ritmo non si può fare a meno di chiedersi se c’era davvero bisogno di spezzarlo, il ritmo. Dal punto di vista tecnico, il gioco è apprezzabile e certi effetti particellari in particolare sono decisamente ben riusciti, anche se fermandosi a guardare le texture si nota che non sono all’ultimo grido. Evil West funziona bene anche su Steam Deck, anche se naturalmente dovrete accettare di dover abbassare i dettagli e di avvicinarvi allo schermo per leggere alcuni testi.

In Breve: Evil West è un po’ una delusione, perché Flying Wild Hog non manca di competenza e perché la base per fare un gioco tanto cafone quanto solido c’era tutta. Invece la riuscitissima protervia di Jesse Rentier finisce per scontrarsi con un encounter design claudicante, e il risultato ne risente parecchio. Aspetterei uno sconto per prenderlo, sinceramente.

Piattaforma di Prova: PC, Steam Deck
Configurazione di Prova: GTX 1070, Ryzen 3600, 16 GB RAM, SSD NVMe
Com’è, Come Gira: A 1920×1080 e preset dei settaggi su High non ho avuto nessun problema, e il gioco è visivamente piacevole pur se non strabiliante. Volendo avrei anche potuto spingere un po’ di più, ma ho preferito la fluidità. Nessun bug visivo, ma in compenso ho incontrato un antipatico quanto persistente bug audio, per fortuna risolvibile uscendo al menù.

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Pro

  • Jesse Rentier è spaccone come piace ammé / Quando il sistema di combattimento funziona, funziona alla grande…

Contro

  • ...il problema è che non sempre funziona / Scontri con i boss sotto la soglia della sufficienza / Sono sicuro che Jesse ha cose più divertenti da fare che spostare vagoni.
7.6

Buono

Dai monti del Trentino scende Marco Bortoluzzi – figurativamente, s'intende, perché per smuoverlo dal suo paese servono le cannonate. Non chiedetegli mai perché ha giocato così tanto a Dota 2.

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