Questa è la storia di una ragazza che ha giurato vendetta ai mostri. Dopo aver perso tutto, unisce le sue forze a un misterioso ragazzo e si avventurano verso l’ignoto.
Questa è anche la storia di un recensore che pensava di doversi occupare di un card game e invece si è ritrovato tra le mani un JRPG alquanto singolare: touché Yoko Taro, me l’hai fatta.
Sviluppatore / Publisher: Square Enix / Square Enix Prezzo: 29.99€ Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 7 Disponibile su: PC (Steam), PlayStation 4, Nintendo Switch Data di Lancio: Già disponibile
Voice of Cards: The Beasts of Burden è il più recente di tre GDR (pubblicati nel giro di dieci mesi!) in cui tutto – ma proprio tutto – è rappresentato tramite le carte. Non è indispensabile aver giocato The Isle Dragon Roars e/o The Forsaken Maiden poiché ciascun episodio è un’esperienza stand alone ideata da alcune menti nipponiche fra cui quella del padre di NIER Automata, YokoTaro.
Chi conosce la serie sa già a cosa va incontro, la struttura del gioco non cambia di una virgola o quasi, infatti su Steam alcuni parlano di more of the same; chi invece sente menzionare per la prima volta Voice of Cards: The Beasts of Burden deve sapere che parliamo di un JRPG single player con la sua storia e i suoi personaggi, i punti esperienza dopo ogni combattimento ma anche con una sorta di Game Master – Narratore che tira le fila dell’avventura.
VOICE OF CARDS: THE BEASTS OF BURDEN, IL VIDEOGIOCO DA TAVOLO
La protagonista delle vicende è una combattente a cui i mostri hanno tolto tutto tranne la voglia di vendicarsi. Dopo aver lasciato ciò che resta del villaggio nel sottosuolo ove ha sempre vissuto, comincia un viaggio verso l’ignoto – non conosce nulla della vita in superficie di un mondo in cui il sole non tramonta mai – che la porta a visitare lande desolate, deserti, dungeon e città nonché a interagire con altri personaggi tra cui suoi tre compagni di sventura.
Su un tabellone simil gioco da tavolo l’esplorazione avviene spostando una pedina che rappresenta il party. Muovendola su una casella visibile indicata da una carta a faccia in su, le carte a faccia in giù che nascondono le caselle adiacenti si girano rivelando nemici, tesori, caselle utili allo spostamento o che impediscono il passaggio. Durante questi spostamenti può avere luogo un evento casuale o un’imboscata, ma in quanto a varietà di situazioni si può migliorare.
DAIMON DELL’ACCIAIO, SCELGO TE!
Con così tanti mostri in libertà la fase esplorativa non può che essere costellata di combattimenti. Il combat system è a turni e ciascun personaggio ha a disposizione un’azione quando tocca a lui e compierla crea una gemma, una risorsa fondamentale giacché sostituisce il mana. Le gemme si utilizzano per giocare le abilità più intriganti ovvero i mostri, i quali possiedono effetti di varia natura (ci sono una miriade di status diversi) e un costo in gemme differente che varia a seconda dalla potenza della creatura (ogni mostro si può potenziare fino a cinque volte). Ecco qui l’asso nella manica che differenzia The Beasts of Burden dai suoi predecessori: la protagonista può catturare i mostri che sconfigge e utilizzarli a mo’ di abilità in combattimento. Tra i 54 mostri collezionabili e i quattro membri del party fra cui dividere le abilità ottenute (fino a un massimo di 5 carte mostro a testa), le combinazioni non sono poche.
The Voice of Cards: The Beasts of Burden è a metà strada tra il videogioco e il board game, basti pensare che ci sono due dadi diversi da lanciare per stabilire se un’abilità ha successo (dado a 10 facce) e per determinare quanti danni aggiungere al colpo (dado a 6 facce).
A metà strada tra il videogioco e il board game, basti pensare che ci sono due dadi diversi da lanciare
L’ESSENZA E L’ASSENZA DELL’ARTISTA
Esperienza che dura quindici di ore circa, abbastanza raccontare una storia che ha le intime tinte dell’odissea personale. Purtroppo il racconto non stupisce per originalità ma, anzi, si adagia su stereotipi e cliché noti a chi bazzica le produzioni giapponesi. Dal punto di vista tecnico invece non ci si può lamentare: l’art style ricercato dei disegni dei personaggi e dei mostri perennemente tendente al dark convince mentre dà forma alle malinconiche vicende che la magnetica voce del Game Master narra.
Insomma, Voice of Cards: The Beasts of Burden è un’opera sui generis e non può essere altrimenti, guai ad acquistarlo se si brama un card game puro o una sfida ardua visto che il livello di difficoltà è tarato verso il basso e non spinge quasi mai chi gioca a rimboccarsi le maniche per trovare il setup ideale. La presenza di un Direttore Creativo come Yoko Taro non basta a rendere indimenticabile un canovaccio che, pur svolgendo il suo compitino, non dimostra troppa voglia di sorprendere.
La presenza di un Direttore Creativo come Yoko Taro non basta a rendere indimenticabile un canovaccio che, pur svolgendo il suo compitino, non dimostra troppa voglia di sorprendere
In breve: The Beasts of Burden non coglie al volo l’occasione di dare il via all’evoluzione della specie dei Voice of Cards, si limita a impreziosire un buon combat system con l’interessante intuizione delle carte mostro su cui però la casualità ha sempre l’ultima parola. Un po’ JRPG con le carte, un po’ gioco da tavolo, l’ultimo tassello di un tris assai particolare non è un capolavoro di narrativa né una sfida memorabile, è piuttosto un compassato e malinconico JRPG artisticamente azzeccato in cui tutto viene vissuto tramite le carte che può intrattenere a patto di accettarne pregi, difetti e vezzi.
Piattaforma di Prova: Intel i7 11370H, Nvidia 3070 Laptop 8 GB, 16 GB di RAM e SSD
Com’è, Come gira: Niente da eccepire sotto il profilo artistico, personaggi e mostri sono visivamente tutti ben caratterizzati. Tecnicamente il gioco è più che leggero, risoluzione e frame rate qui sono gli ultimi problemi tant’è vero che i requisiti consigliati (i3-2100, 4 GB di RAM e GTX 660) fanno tenerezza.