Sherlock Holmes: Chapter One – Recensione

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In Sherlock Holmes: Chapter One, un giovane investigatore torna nella sua casa natia per chiudere i conti con i suoi fantasmi del passato. Ma scopre una verità diversa da quella che conosceva.

Sviluppatore / Publisher: Frogwares / Frogwares Prezzo: 44,99€ Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 16 Disponibile Su: PC (Steam, GOG, Epic Games Store), PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X|S Data di Lancio: Già disponibile (PC, PS5, Xbox Series X|S); prossimamente (PS4 e Xbox One)

Per gli amanti dei gialli e dei puzzle investigativi, i videogiochi di Sherlock Holmes realizzati da Frogwares sono un punto fisso. Avventure squisitamente tridimensionali che danno spessore alle indagini cercando di portare sui nostri monitor, con crescente successo, l’emblematica logica deduttiva del celeberrimo detective di Baker Street. Così come nei loro precedenti titoli, anche in Sherlock Holmes: Chapter One gli autori del gioco hanno preferito allontanarsi dalla pur ricca produzione di Sir Arthur Conan Doyle, per scrivere una storia tutta nuova: Sherlock è ancora piuttosto lontano dall’austero e compassato detective che diventerà in futuro, è invece un giovane di vent’anni con una mente raffinatissima e un’attitudine all’osservazione fuori dal comune, ma che deve fare ancora i conti con la perdita della madre.




La disgrazia è avvenuta dieci anni prima su Cordona, un’isola fittizia del Mediterraneo annessa da poco all’Impero inglese, scelta dagli Holmes come dimora per tutelare la cagionevole salute della signora Violet. Ma sono bastati pochi anni lì perché la povera donna morisse e, ai due orfani Mycroft e Sherlock, non restò altro da fare che tornare in patria. Ma la visita di Sherlock alla tomba materna metterà in luce una realtà molto diversa, circondando la sua fine di mistero. Il primo che il futuro investigatore dovrà risolvere, ricorrendo alla sua forza di deduzione.

FANTASMI DEL PASSATO E DEL PRESENTE

Il gioco inizia con l’arrivo di Sherlock sull’isola di Cordona, abitata da diverse etnie e crocevia di culture molto differenti, e con la sua prima notte in albergo. Con lui non c’è il dottor Watson, ma l’amico immaginario Jon, un simulacro che “Sherry” inventò di sana pianta durante l’infanzia e che, secondo la narrazione di Chapter One, lo ha seguito fino alla sua maggiore età, danzando sul confine che separa il capriccio infantile dalla patologia psichica.

Sherlock Holmes Chapter One Recensione

Andare al porto a cercare un tizio significa cercarlo tra splendide barche a vela tipiche dell’Ottocento.

Jon è un altro sé che sembra vivere di vita propria: compagno di giochi e fratello immaginario del piccolo Sherlock, quando Mycroft Holmes era già troppo grande e costretto a ricoprire un ruolo quasi paterno, oggi è una proiezione che segue il futuro investigatore ovunque, comparendo in ogni location del gioco e pronto a dare una mano a Holmes nei suoi ragionamenti, oltre a dare una forma alla sua coscienza e alle sue vere aspirazioni. Ma questa entità fittizia si spinge anche oltre, al punto da avere un diario personale (che possiamo andare a spulciare quando vogliamo) e perfino un guardaroba tutto suo. Di tanto in tanto Jon si divertirà a proporci delle sfide e all’inizio sarà davvero molto difficile credere che tutto questo stia avvenendo nella testa del protagonista.

UN OPEN WORLD CON TANTI CASI DA RISOLVERE

Ciò che rende Chapter One così diverso dalle vecchie avventure di Sherlock Holmes è la sua natura open world: Cordona è un’intera isola divisa in quartieri, con decine di palazzi che si possono visitare anche all’interno e numerosi personaggi con cui è possibile interagire. La polizia locale darà presto a Sherlock una speciale abilitazione che gli consente non solo di indagare, ma anche di impugnare una pistola e arrestare la gente.

l’Holmes che corre per le variopinte strade di Cordona è un giovane brillante e irruento, che non disdegna una scazzottata per fermare i banditi

Svincolandosi totalmente dall’immagine dell’austero e compassato detective londinese, l’Holmes che corre per le variopinte strade di Cordona è un giovane brillante e irruento, che rifiuta di base l’omicidio ma che, all’occorrenza, non disdegna una bella scazzottata per fermare i banditi. Questo per noi giocatori si traduce in ripetitive fasi action che, per mezzo delle impostazioni, possiamo quasi totalmente saltare per goderci la storia, anche se finire in un covo di banditi non ci lascerà altra scelta che affrontare i quick-time events che i combattimenti comportano.

Sherlock Holmes Chapter One Recensione

La ricostruzione di un evento passato in modalità concentrazione.

Poco male: una volta superate, queste fasi di solito ci offrono in cambio qualche indizio o qualche oggetto utile per le altre missioni, non ultima la quest principale che, a dire il vero, si risolve relativamente in fretta. Parlare con alcuni personaggi chiave e leggere i bollettini della Polizia, invece, ci permetterà di compiere altre indagini e dare un senso alla nostra prolungata permanenza sull’isola (oltre che, ovviamente, procrastinare l’archiviazione del gioco).

SHERLOCK HOLMES CHAPTER ONE È LOGICA E DEDUZIONE

Un gioco di Sherlock Holmes, tuttavia, non sarebbe tale senza una fortissima componente logico-deduttiva. Durante le indagini possiamo entrare in modalità concentrazione: i colori svaniscono, le forme si fanno semplificate, ma le tracce si fanno più evidenti e il puntatore permette di focalizzarsi su piccoli indizi che normalmente passerebbero del tutto inosservati. Talvolta Jon deve intervenire e, con uno schiocco delle dita, ricostruire alcuni avvenimenti posizionandone gli attori nel modo più plausibile. Una volta raccolti gli indizi, Sherlock può elaborare le proprie deduzioni nel palazzo mentale, un’area dell’interfaccia di gioco ove è possibile legare i concetti tra di loro, arrivando a individuare un colpevole o anche a prendere qualche spaventosa cantonata, tutto dipende dalla nostra abilità.

Ovviamente, interrogare le persone sarà fondamentale per raccogliere indizi.

LE SCELTE MORALI, PER QUANTO DIFFICILI, NON SEMBRANO AVERE UN GRANDE IMPATTO SULL’ECONOMIA DELL’AVVENTURA

Non solo, alle volte saremo posti di fronte a difficili scelte morali, ma un limite abbastanza vistoso di Sherlock Holmes: Chapter One è il fatto che tutte queste scelte, alla fin fine, hanno un impatto minore sull’economia dell’avventura. La curiosità di sapere cosa sarebbe accaduto comportandosi altrimenti in questa o quella occasione rischia di restare tale, dopo aver completato tutte le indagini secondarie. Detto questo, non possiamo non applaudire la realizzazione tecnica del gioco: attraversare l’isola, anche a piedi, è sempre una gioia per gli occhi e Cordona restituisce immagini “da cartolina” praticamente ovunque, proprio come ci si aspetterebbe da una rinomata destinazione turistica. Semmai, lascia un po’ l’amaro in bocca la scarsissima interazione coi residenti incontrati per strada: la maggior parte sono indigeni scorbutici, poveracci che ci disprezzano o persone che non dicono nulla di interessante. Va anche aggiunto che Sherlock può cambiare abito e questo modifica l’atteggiamento nei suoi confronti (guadagnare i soldi per comprare gli abiti necessari è un buon motivo per affrontare banditi e quest secondarie), in più c’è anche il “gioco nel gioco” che consiste nel recuperare tutti gli oggetti della famiglia Holmes presso antiquari e rigattieri, dopo che i medesimi sono andati all’asta. Insomma, di carne al fuoco ce n’è davvero tanta.

In Breve: Ci ho messo un tempo straordinariamente lungo per capire se Sherlock Holmes: Chapter One mi piacesse o meno, e questo principalmente a causa della complessità di un’opera che, con il motore grafico di uno sparatutto, deve invece operare nel campo dei puzzle e del ragionamento. Alla fine, l’unico intoppo nella fluidità dell’azione è dovuto alla necessità di selezionare sempre l’indizio su cui si vuole operare, anche quando qualsiasi avventura grafica lo attiverebbe di default per questioni di ovvietà, mentre non avrebbe molto senso prendersela con i mini-game di combattimento, visto che all’occorrenza si possono saltare (tranne in poche occasioni). Il vero problema è una certa ripetitività dell’azione, anche se l’intero costrutto logico-deduttivo regge e, alla fine, chi vuole fare il detective ha un’ottima occasione per farlo a lungo.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Core i5 11600K, 16 GB di RAM, GeForce GTX 980 Ti, SSD
Com’è, Come Gira: Fluidissimo a 2560×1440 pixel, qualunque scheda video medio-alta degli ultimi cinque anni sarà in grado di eseguirlo in Full HD e risoluzioni superiori.

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Pro

  • Un’intera isola da girare in lungo e in largo / Pregevole ricostruzione del percorso logico/deduttivo / Tante indagini da affrontare oltre a quella principale.

Contro

  • Meccaniche dell’interfaccia un po’ arzigogolate / Azione piuttosto ripetitiva.
8.1

Più che buono

Diffidate delle imitazioni. Il vero prototipo di tecno-nerd ce l’abbiamo noi e si chiama Paolo Besser. La CBS vorrebbe darci un sacco di soldi per un suo cameo in un episodio di BIg Bang Theory, ma il nostro rifiuto è netto e deciso: dopotutto, sapete che figura barbina farebbe fare a Leonard e Sheldon?

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