Diablo II: Resurrected – Recensione

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Dopo aver girovagato in solitaria e con altri avventurieri per la nuova Sanctuarium di Diablo 2: Resurrected, è giunto il momento di tirare le somme sul ritorno del re degli inferi.

Sviluppatore / Publisher: Vicarious Visions / Blizzard Entertainment Prezzo: 39,99€ Localizzazione: Completa Multiplayer: Online PEGI: 17 Disponibile su: PC (Battle.net), PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series X|S, Switch Data di Lancio: Già disponibile

La pubblicazione dell’attesa remaster non è un evento che si può raccontare frettolosamente. È anche una questione di rispetto: parliamo dell’action RPG che ha forgiato la storia dei videogiochi e un’infinità di ex-giovani virgulti.

LA PRIMA VOLTA NON SI SCORDA MAI

Vicarious Visions, lo studio Blizzard responsabile di rimasterizzare Diablo 2 e annessa espansione Lord of Destruction, non si è limitato a donare una nuova veste grafica all’opera originale. Nonostante l’eccellente rinnovamento grafico sia certamente l’elemento che più di ogni altro balza all’occhio, rovistando a fondo in Diablo 2: Resurrected emerge qualcosa che trascende l’impatto estetico più moderno, sicuramente più al passo coi tempi e adatto a invogliare i veterani ma anche chi non c’era nel 2000 a intraprendere un viaggio che merita d’essere compiuto almeno una volta nella vita (a meno che non si sia mortalmente allergici agli hack’n’slash, naturalmente). Diablo 2 era ed è tutt’ora brutalmente impervio se approcciato senza le conoscenze giuste, ma proprio per questo anche follemente assuefacente se gli si lascia una fessura interiore in cui infilarsi.

Diablo 2 Resurrected Recensione

I nuovi effetti grafici donano nuova vita perfino al cimitero del primo Atto.

Uno dei pregi di questa edizione è che riesce a ricordarci quanto, a modo suo, Diablo 2 sia ancora speciale. Qualcuno aveva etichettato la riesumazione del Demonio come mera mossa commerciale per colpire i fan là dove sono più sensibili, tra i ricordi e la nostalgia, magari per riaccendere l’hype intorno al franchise in vista di un quarto capitolo che deve riavvicinare i fan dopo un terzo episodio di cui tutto si può dire tranne che abbia raccolto consensi unanimi. Potrebbe esserci del vero in questa chiave di lettura della vicenda, ma ciò che importa davvero è che un’operazione potenzialmente rischiosa – tenendo conto delle acque burrascose in cui attualmente naviga il colosso di Irvine non oso pensare cosa sarebbe successo con un nuovo caso Warcraft 3: Reforged – alla prova sul campo si è rivelata ciò che ogni fan auspicava: una remaster con gli attributi più cubici di un Cubo Horadrim.

Uno dei pregi di questa edizione è che riesce a ricordarci quanto, a modo suo, Diablo 2 sia ancora speciale a dispetto dei lunghi anni trascorsi

Un massacro dopo l’altro, infatti, il feeling e le sensazioni che si avvertono sono grossomodo le stesse di ventuno anni addietro, nel bene e nel male. Il gameplay senza pietà né età con cui abbiamo flirtato anni fa (tanti hanno continuato a frequentarlo fino ad oggi, a onor del vero) è ancora qui a tormentarci l’esistenza, quasi come se lo scorrere del tempo fosse solo pioggia sul parabrezza della nostra vita e il tasto Gioca il tergicristallo. Il 23 settembre il timore che il capolavoro maledetto avesse perso tutto o parte del suo macabro fascino si è vaporizzato istantaneamente, fin dal nuovo trailer introduttivo che sostituisce quello vintage e mostra un Tyrael non migliore, non peggiore, semplicemente diverso ma uguale.

Diablo 2 Resurrected Recensione

Le battaglie con più giocatori sono un tripudio di effetti visivi, colori e interiora.

Ed è proprio così che è Diablo 2: Resurrected: diverso ma uguale. Il nuovo impianto grafico ci offre una versione ammodernata dell’immortale GdR d’azione da affiancare all’originale, anzi da poggiarci direttamente sopra dacché sotto a una pelle resa più attuale dalle meraviglie tecnologiche odierne scorre intatta l’epidermide pixellata di una volta. Su PC la si può ammirare premendo G, su console serve una coppia di tasti che alcuni, quelli che possiedono un ricordo di questo o quell’anfratto, magari si ritroveranno a pigiare più spesso del necessario per gustarsi il romantico lusso di un fugace salto nel tempo alla ricerca di differenze e reminiscenze.

DIABLO 2 CONQUISTA LE CONSOLE

Diablo 2: Resurrected non porta con sé stravolgimenti a livello contenutistico, non apporta sostanziose novità né ritocca le meccaniche di una struttura ludica ormai storica. Detto del Forziere condiviso che evita i di affidarsi ai personaggi muletto e dell’auto-loot dei gold opzionale, a conti fatti resta poco altro lato gameplay di cui disquisire. Finanche il multigiocatore è rimasto tale e quale come hanno svelato questi giorni fatti di party improvvisati e cadaveri di amici ritrovati, abilità che lavorano efficacemente in sinergia e insospettabili ninja del loot (regola d’oro: mai far cadere un oggetto utile). Al day one i server sono implosi e moltissimi non sono riusciti a giocare, segno che l’infrastruttura non ha retto l’immenso affetto che la comunità ha riversato contro i cancelli degli Inferi Fiammeggianti appena aperti. Fortunatamente i giorni successivi le cose sono migliorate, c’è stato un update, il comparto online ha funzionato correttamente e le scorribande si sono susseguite senza soluzione di continuità.

In multigiocatore il caos si moltiplica a dismisura, ma anche il divertimento con il party giusto.

Per quanto concerne la componente sociale delle partite online su console manca qualcosa, la ruota delle emote fa sentire limitati nelle interazioni con il prossimo, ma nel complesso la prima volta in assoluto del re oltre i confini PC è promossa a pieni voti. A causa della mia esperienza pregressa con l’originale e in generale con gli hack’n’slash, la convincente trasposizione su console non mi ha fatto cambiare idea sul fatto che un gioco così dia il meglio di sé con mouse e tastiera. La mia scarsa agilità col pad però non può impedirmi di notare gli sforzi di Diablo 2: Resurrected per permettere a chiunque lo desideri di vivere l’epica battaglia tra Bene e Male tramite un controller.

Il gioco funziona egregiamente su console: non avete più scusa per non giocare un’epopea capace di durare altri vent’anni

Tra auto-target smart, riorganizzazione dell’inventario o dalla cintura per le pozioni e opzioni di personalizzazione dell’esperienza, tutti ma proprio tutti (la remaster è disponibile per tutte le console, c’è la cross-progression ma al momento non il cross-play) hanno la possibilità di godersi ogni infernale Atto sulla piattaforma che preferiscono. Alcune difficoltà con l’inventario penso siano da mettere in conto se si opta per la versione console e non si è granché abituati a destreggiarsi con le levette, ma il gioco funziona egregiamente su console sicché non ci sono più scuse per non giocare un’epopea che offre talmente tanto da poter durare altri vent’anni.

LASCIATE OGNI SPERANZA, VOI CH’ENTRATE

Quel tutti di poco fa è un’esagerazione, mi correggo. A meno che non si abbia amato l’originale o non si adori il genere degli hack’n’slash, se si è al primo appuntamento col Demonio secondo Blizzard ci vuole forza di volontà per amare la sua versione ammodernata, la stessa che serve per superare i momenti difficili e alcune spigolosità proprie di un altro periodo storico. Mi riferisco a quella sana tenacia che spinge a documentarsi sulle abilità, sulle build migliori, sul funzionamento di ognuna delle sette classi (Amazzone, Barbaro, Negromante, Paladino, Incantatrice, Assassina, Druido) e sulle statistiche o skill su cui è più saggio investire i preziosi punti abilità ottenuti. Oggi come allora questo non è un gioco a cui interessa prendere per mano il giocatore, quando si muore bisogna recuperare i propri averi lì dove marcisce il proprio cadavere, l’incubo non dà mai tregua perché non c’è nessuna comfort zone in cui rilassare le membra a esclusione degli HUB da cui lanciarsi nell’immondo ignoto generato proceduralmente.

Diablo 2 Resurrected Recensione

Quando salta fuori il loot nelle partite online bisogna essere rapidi con le mani come Terence Hill in “Lo Chiamavano Trinità”.

Bene così, è questo che ci si aspettava da Vicarius Visions. Addolcire una pillola che è diventata leggenda proprio per il suo sapore dannatamente duro sarebbe stato un passo falso imperdonabile. Probabilmente ciò sarà un deterrente per alcuni e non li si può biasimare, i ventuno anni di Diablo 2 si sentono tutti dacché nel corso degli anni le meccaniche che lo hanno reso famoso sono state perfezionate e modificate. Oggi fa specie ritrovarsi a imprecare per il risicato spazio nell’inventario, per la meccanica dell’identificazione o per il diabolico reset dei talenti. Tuttavia, a prescindere dai gusti e dalle inclinazioni personali, tralasciando per un istante chi sa già cosa aspettarsi, in ottica nuove leve ciò può considerarsi forse perfino un valore aggiunto allorché permette a Diablo 2: Resurrected di distinguersi dalla massa.

PARADOSSALMENTE, LE MECCANICHE PIÙ ARCAICHE DI DIABLO 2 RESURRECTED SI TROVANO AD ESSERE UNA VENTATA D’ARIA FRESCA IN UN MERCATO AFFOLLATO DI TROPPI CLONI TUTTI UGUALI

Nell’affollato segmento di mercato dove trova il suo meritatissimo posto questa ottima remaster non è raro trovare produzioni fin troppo simili tra loro (con le dovute eccezioni meritevoli di attenzione come Path of Exile, Titan Quest, Grim Dawn o i primi due Torchlight), ergo Diablo 2: Resurrected da un certo punto di vista sembra paradossalmente quasi una ventata d’aria fresca. Inutile girarci ancora intorno, finalmente il dado è tratto, la grande paura è volata via come un uno stormo di corvi che ha finito il suo macabro banchetto: il fascino maledetto ma irresistibile di Diablo 2 è salvo, sotto la moderna veste che ne modella l’ossessionante silhouette c’è un cuore grondante di sangue ed è lo stesso di un tempo che, oggi più che mai, ci appare molto meno lontano.

In breve: Diablo 2: Resurrected è una remaster riuscita. L’operazione di ammodernamento non ha intaccato la sfera delle sensazioni, il feeling di una volta è lo stesso così come è ancora presente tutto ciò che un’esperienza tanto inflessibile quanto ipnotica sapeva regalare nel 2000. Con i suoi pregi e i suoi difetti volutamente smussati solo in minima parte, confermandosi unico nel suo genere non solo per l’effetto nostalgia su cui i Vicarius Visions hanno puntato, il capolavoro di Blizzard è stato scaraventato ventuno anni in avanti con un incredibile rispetto per l’originale. Oggi come ieri non è un action RPG adatto a tutti, ma che goduria ritrovare il Demonio in una nuova veste.

Piattaforma di prova: PlayStation 5
Com’è, come gira: I cali di fps dell’Alfa sono spariti, così come la lag in game nei giorni della pubblicazione. Comparto grafico ben fatto, non perfetto. Le animazioni non sono il top della fluidità eppure funzionano perché non rovinano la sensazione di giocare a un titolo d’altri tempi abbellito da novità grafiche come l’illuminazione dinamica o i nuovi effetti grafici. Caricamenti fulminei, colonna sonora da applausi da applausi, bene la possibilità di scegliere fra Prestazioni (60fps) o Qualità (30fps ma aspetto migliore).

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Pro

  • Obiettivo ammodernamento rispettoso centrato / Funziona bene col pad / Tecnicamente attuale ma feeling d’epoca.

Contro

  • Ventuno anni si sentono / Versione console perfezionabile.
8.5

Più che buono

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